lunedì, settembre 26, 2005

La strada è già scritta, dobbiamo solo percorrerla...

Da repubblica online del 1/08/2005:

Si moltiplicano le ricerche sull'origine della sessualità gay
Risultati sorprendenti. Al centro dello studio due fratelli.
Omosessuali si nasce o si diventa?
La scienza ora indaga sui gemelli

dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI
LONDRA - Patrick e Thomas sono due gemelli di sette anni, perfettamente identici. Ma basta passare con loro qualche secondo per accorgersi delle differenze: Patrick è dolce, riflessivo, delicato; Thomas è aggressivo, rumoroso, scoppiettante. Quando i gemelli avevano due anni, Patrick trovò nell'armadio le scarpe della mamma e le indossò. A tre anni, mentre Thomas impugnava pistole giocattolo, Patrick diceva che il suo giocattolo preferito erano le bambole Barbie. L'anno scorso, la maestra ha chiamato la madre dei due gemelli per dirle che Patrick metteva a disagio i compagni di classe: insistendo che lui è una femmina, non un maschio. Interpellato uno psicologo, la sua mamma ha scoperto che tale comportamento ha un nome scientifico: "childhood gender nonconformity" (Cgn), ossia un'infanzia non conforme al proprio sesso. Esistono considerevoli ricerche del fenomeno, secondo le quali il 75 per cento dei bambini affetti da "Cgn" diventano omosessuali, o bisessuali, quando sono grandi. Se ciò è vero, tuttavia, perché un gemello ha tendenze femminili e gay, mentre l'altro cresce eterosessuale? Freud sosteneva che l'omosessualità deriva da fattori ambientali, dall'educazione ricevuta dai genitori, da una madre troppo protettiva: ma nel caso dei due gemelli, la madre e l'educazione ricevuta sono identici per entrambi. Teorie più recenti, nell'ultimo decennio, hanno dato invece maggior credito all'ipotesi opposta, ossia a cause genetiche dell'omosessualità, con la scoperta di un cosiddetto "gene gay" nel 1993, il cromosoma Xq28, e con studi sulle dimensioni dei neuroni nell'ipotalamo (la regione del cervello che controlla la sfera sessuale), risultate doppie negli eterosessuali rispetto agli omosessuali. Ma i gemellini Patrick e Thomas hanno ricevuto lo stesso, identico patrimonio genetico. E allora, perché hanno un diverso orientamento sessuale? La risposta definitiva non è ancora arrivata, ma la conoscenza scientifica in questo campo sta facendo passi da gigante grazie a uno studio quinquennale condotto negli Stati Uniti su cinquemila fratelli, eterosessuali e omosessuali, e a rivoluzionarie ricerche in Svezia, in Austria e in altri paesi europei. Mentre continua a perdere terreno la vecchia tesi freudiana dell'omosessualità causata dall'ambiente e dal modo in cui si viene allevati, nuove prove rafforzano l'importanza di fattori genetici e biologici nello sviluppo di una o dell'altra preferenza sessuale. Per quanto riguarda in particolare Patrick e Thomas (non i loro veri nomi), la cui storia è stata raccontata dal New York Times e dal Guardian, l'opinione degli esperti è che la differenza sia nata nel ventre materno, durante i nove mesi di gravidanza: quando Patrick potrebbe avere vissuto uno stress pre-natale, a causa della sua posizione nell'utero, del flusso di sangue che gli arrivava, o di altri fattori al di là del controllo della madre. All'antico quesito, "omosessuali si nasce o si diventa?", bisognerebbe dunque rispondere, almeno nel suo caso, che qualche volta si diventa omosessuali ancora prima di nascere.""

Penso che sia azzardato avanzare conclusioni in questo particolare contesto; in particolare trovo l'ultima frase un tantinello sensazionalistica; tuttavia trovo interessante questo articolo, e voi?

martedì, settembre 20, 2005

Estratto da "René Guénon – Scritti sull’esoterismo islamico ed il Taoismo"

L’essere contingente può venire definito come quello che non possiede in se stesso la propria ragione sufficiente; un tale essere, di conseguenza, non è nulla per se stesso, e nulla di ciò che egli è gli appartiene in proprio. Tale è il caso dell’essere umano in quanto individuo, come pure di tutti gli esseri manifestati, in qualsivoglia stato, perché, quale che sia la diversità tra i gradi dell’Esistenza universale, essa è pur sempre nulla rispetto al Principio. Questi esseri, umani e non, sono dunque, in tutto ciò che sono, completamente dipendenti dal Principio, “al di fuori del quale non vi è nulla, assolutamente nulla che esista”; è nella consapevolezza di questa dipendenza che consiste propriamente ciò che varie tradizioni designano come “povertà spirituale”. Allo stesso tempo, per l’ essere giunto a tale consapevolezza, questa ha per conseguenza immediata il distacco da tutte le cose manifestate, perché oramai egli sa che anche tali cose non sono nulla, che la loro importanza è rigorosamente nulla rispetto alla Realtà assoluta. Questo distacco, nel caso dell’essere umano, implica essenzialmente e prima di tutto l’indifferenza riguardo ai frutti dell’azione, quale è insegnata in special modo nella ‘Bhagavad-Gita’, indifferenza per cui il tramite dell’essere sfugge alla concatenazione indefinita delle conseguenze di questa azione: è l’ “azione senza desiderio”, mentre l’ “azione con desiderio” è l’azione compiuta in vista dei suoi frutti. Per quella via l’essere esce dunque dalla molteplicità, e sfugge, secondo le espressioni usate dalla dottrina taoista, alle vicissitudini della “corrente delle forme”, all’alternanza degli stati di “vita” e di “morte”, di “condensazione” e “dissipazione”, passando dalla circonferenza della “ruota cosmica” al suo centro, che è descritto a sua volta come “il vuoto (il non-manifestato) che unisce i raggi e ne ne fa una ruota”. “Chi è giunto al massimo del vuoto – dice ancora Lao-tseu – sarà saldamente stabilito nella quiete.. ritornare alla propria radice (cioè al Principio che è origine prima ed insieme fine ultimo di tutti gli esseri) vuol dire entrare nello stato di quiete.”

“La pace nel vuoto è uno stato indefinibile; non la si riceve né la si dona; si arriva a stabilirvisi.” Questa “pace nel vuoto” è la “grande pace” nell’esoterismo musulmano (es-Sakinah), che è allo stesso tempo la “presenza divina” al centro dell’essere presupposta dall’unione con il Principio, la quale solo in quel centro può effettivamente operarsi.

“A colui che ha dimora nel non-manifesto, tutti gli esseri si manifestano.. Unito al Principio, attraverso esso egli è in armonia con tutti gli esseri. Unito al Principio, egli conosce ogni cosa attraverso le ragioni generali superiori, e di conseguenza non si serve più dei suoi diversi sensi per conoscere in particolare e nei dettagli. La vera ragione delle cose è invisibile, inafferrabile, indefinibile, indeterminabile. Solo lo spirito ristabilito nello stato di semplicità perfetta può afferrarla nello stato di contemplazione profonda.”

La “semplicità”, espressione dell’unificazione di tutte le potenze dell’essere, caratterizza il ritorno allo “stato primordiale”; e si misura qui tutta la distanza che separa la conoscenza trascendente del saggio dal sapere ordinario e “profano”. Questa “semplicità” è anche designata altrove come lo stato di “infanzia”, inteso naturalmente in senso spirituale, nella dottrina indù, è considerato come condizione preliminare all’acquisizione del sapere per eccellenza. Ciò ricorda le analoghe parole contenute nel Vangelo: “Chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino, non vi entrerà.” (Luca, 18-17) – e ancora – “Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli avveduti, e le hai rivelate ai semplici e ai piccini”. (Matteo, 11-25)

“Semplicità” è “piccolezza” sono qui, in fondo, equivalenti della “povertà”, di cui si parla tanto spesso anche nel Vangelo e che viene generalmente assai mal compresa: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli” Questa ‘povertà’ (in arabo El-Faqr) conduce, secondo l’esoterismo musulmano, a ‘El-Fana’, cioè all ‘estinzione dell’io’; per mezzo di questa ‘estinzione’, si perviene alla ‘stazione divina’ (el-maqam el-ilahi), che è il punto centrale dove tutte le opposizioni sono cancellate e risolte in un equilibrio perfetto. “nello stato primordiale, queste opposizioni non esistevano. Sono tutte derivate dalla diversificazione degli esseri (inerente alla manifestazione e come quella contingente), e dai loro contatti causati dalla girazione universale (cioè della rotazione della ruota cosmica attorno al suo asse). Esse di colpo cesasno d’influenzare l’essere che ha ridotto il suo io distinto e il suo movimento particolare a quasi nulla.” Questa riduzione dell’io distinto, il quale infine scompare riassorbendosi in un unico punto, coincide con ‘el-fana’, come pure con il ‘vuoto’ di cui dicevamo sopra; è del resto evidente che, in base al simbolismo della ruota, il ‘movimento’ di un essere è tanto più ridotto quanto più tale essere si va avvicinando al punto centrale. [..]

Questo punto centrale, attraverso cui si stabilisce, per l’essere umano, la comunicazione con gli stati superiori o ‘celesti’, è anche la ‘porta stretta’ (o cruna dell’ago) del simbolismo evangelico, e si può allora comprendere che siano i ‘ricchi’ che non possono attraversarla: sono gli esseri che si attaccano alla molteplicità, pertanto incapaci di elevarsi dalla conoscenza distintiva alla conoscenza unificata. Tale attaccamento è infatti l’esatto opposto di quel distacco di cui si diceva dianzi, come la ricchezzza è l’opposto della povertà, e incatena l’essere alla serie indefinita dei cicli di manifestazione. L’attaccamento alla molteplicità è anche, in un certo qual modo, la ‘tentazione’ biblica che, facendo gustare all’essere il frutto dell’Albero della Scienza del bene e del male, cioè alla conoscenza duale e distintiva delle cose contingenti, lo allontana dall’unità centrale originaria impedendogli di cogliere il frutto dell’ Albero della Vita; ed è appunto per questo, in effetti, che l’essere è sottoposto all’alternanza delle mutazioni cicliche, cioè alla nascita e alla morte. [..] L’essere che sia così giunto al punto centrale ha con ciò stesso realizzato la totalità della condizione umana: è l’ “uomo vero” (tch’eng-jen) del Taoismo, e quando, partendo da questo punto per salire agli stati superiori, egli avrà compiuto la perfetta totalizzazione delle sue possibilità, sarà divenuto l’ “uomo divino” (cheng-jen), ossia l’ “uomo universale” (el-Insan el-Kamil) dell’esoterismo musulmano. Si può dire quindi che i ‘ricchi’ dal punto di vista della manifestazione sono in verità i “poveri” rispetto al Principio, e viceversa; è ciò che esprime con altrettanta chiarezza il passo evangelico: “Gli ultimi saranno i primi, e i primi saranno gli ultimi” (Matteo, 20-16); e a tale riguardo dobbiamo constatare, una volta di più, il perfetto accordo di tutte le dottrine tradizionali, che sono soltanto le diverse esprressioni della Verità una.

martedì, settembre 13, 2005

Testa e Croce, contemporaneamente

Il tema della bisessualità è controverso, in quanto si fatica a mettere in atto studi conclusivi; oltretutto è un fenomeno marginale o transitorio anche nel campo delle esperienze di "perversione sessuale".
Si sente spesso affermare, sia da eterosessuali che da omosessuali, che la bisessualità non esiste; le argomentazioni proposte non sono diverse dall'affermare che è come lanciare una moneta in aria, e due sono le possibilità mutuamente esclusive: o è testa o è croce.
Un aut-aut, insomma.
Ma la sessualità può essere vista come una medaglia a due facce mutuamente esclusive?
Oppure è uno strumento dalle mille facce, ognuna pronta a transire ed accogliere la successiva?

lunedì, settembre 12, 2005

Leviamo le tende, che è meglio

Il suicidio: che dire al riguardo?
Dalla nostra cultura è visto come un gesto quasi di offesa verso la comunità, dettato dall'irrazionalità più totale.
Vediamo un atto di suicidio come un atto folle in cui una persona ha "negato a se stessa il bene più grande che potesse avere, cioè la vita".
Esistono tuttavia altre culture in cui il suicidio si può mettere in atto per questioni d'onore, e di incompatibilità sociale.
Nell'oriente, fino ad un secolo fa, e presumibilmente tutt'ora, i generali delle parti nemiche, a battaglia persa, non si fanno fucilare da un plotone nemico, ma muoiono per mano propria; un po' ricalcando la figura occidentale del capitano di una nave che sceglie di affondare con essa.
Molte persone, nella nostra cultura, una volta persi i maggiori stimoli, vanno invece a rimpinguare le file strapopolate da coloro i quali vivono senza più alcuni spunti vitali, con la convinzione che "nella vita non è mai detto", non tutto è mai perduto", non c'è rimedio solo alla morte", ecc ecc.
Secondo il mio modesto parere la fascia di che abbraccia il numero di queste persone è grandissima, e va fenomenologicamente a sovrapporsi con la fascia di persone che, prive di un proprio stimolo spirituale, aderiscono a culti di massa.
Inoltre vi è un'altra grossa intersezione con l'insieme dei disonesti, in quanto chi non ha più stimoli spirituali non ne ha nemmeno di morali, quindi al di là dei pochi che sono stati imbottiti di precetti morali da piccoli, e li hanno accettati senza rielaborazione critica, è tutto un fuggire e rifuggire dei topi mentre la nave affonda.
Quindi la mancanza di stimoli e ragioni di vita, passa dall'essere una piaga individuale non risolta, ad una piaga sociale, in quanto sappiamo quanto allo sviluppo di una società siano dannosi i culti di massa e la disonestà diffusa.
Come si può eliminare questa piaga?
Il modo più radicale, spoglio di qualsiasi pregiudizio, potrebbe essere il suicidio...
Ma siccome vi vedo già che storcete il naso, allora propongo qualcos'altro: se non c'è stimolo individuale, o locale, dev'essere uno Stato a stimolare dei valori, degli obiettivi di progresso, la crescita culturale, ecc.

La condanna al suicidio è talmente infusa nella nostra società che anche il Sommo Poeta ne ha reso una fortissima immagine nel XIII canto dell'Inferno: fa parlare Pier delle Vigne, suicida, la cui anima è costretta in un albero; quando narra della ricongiunzione col corpo (tema fondamentale della Commedia) dice queste parole:

"[...] Come l'altre verrem per nostre spoglie,
ma non però ch'alcuna sen rivesta;
ché non è giusto aver ciò ch'om si toglie.
Qui le strascineremo, e per la mesta
selva saranno i corpi appesi,
ciascuno al prun de l'ombra sua molesta."

Se tuttavia Dante dipinge un quadro feroce al riguardo dei Suicidi, voglio con soddisfazione ricordare che tratta ancor peggio "coloro che visser sanza infamia e sanza lodo", ovvero gli Ignavi.

A voi la parola.

sabato, settembre 10, 2005

Salvare il mondo

La colza, se n'è parlato spesso negli ultimi tempi.
Ma fa bene o male al motore diesel?
lo scopriremo solo vivendo, come diceva il grande Lucio.
Per vivere appieno la problematica, ho deciso di NON mettere olio di colza nel serbatoio della mia Nissan Micra; NON spezzarlo con benzina al 10%.
Effettivamente fino ad ora NON ha funzionato bene.
Per cortesia, commentate accanitamente questo post, perché ne voglio sapere di più anch'io sull'argomento.

Perché salvare il mondo con la colza?
Perché inquina di meno, è rinnovabile, e non fa scatenare guerre economiche in Medio Oriente.

http://www.ecoage.com/olio-di-colza-test-quattroruote.htm

giovedì, settembre 08, 2005

Tarda Estate

La stagione mai svelata, la Tarda Estate.
Pochi sanno che è una stagione a parte; il mio orologio vitale mi comunica delle sensazioni diverse, in questo periodo, differenti da quelle estive e autunnali.
Il tramonto è una fase delicata, la decadenza è ua regola da rispettare in modo stringente; altrimenti tutto diventa così ridicolo...
Il ciclo di appunti che seguirà sarà dedicato a tutto ciò che riguarda, direttamente e non direttamente, la decadenza.

Parlerò anche del gruppo, dei film, di musica, aggiornerò le date delle serate, rassegne, concerti, parlerò dei pezzi nostri, delle covers, scriverò i testi, ecc...

Al prossimo aggiornamento.